Ne avrete certamente sentito parlare molte volte: lei è la regina dei nostri paesaggi, ma forse non tutti sanno che con il termine “macchia mediterranea” si indicano numerose specie vegetali e faunistiche fra cui il mirto.
Delle prime sono numerose le varietà che la compongono: molte di uso comune, in cucina e nella gastronomia, altre rappresentate da grandi alberi o semplicemente da piante spontanee e ornative.
Testimonianze di queste specie vegetali in Sicilia le ritroviamo nel Parco dei Nebrodi, nel Parco delle Madonie, nella Riserva Orientata dello Zingaro e nella Riserva Orientata Bosco di Favara e Bosco Granza.
Per alcune specie questa è la fase di maggiore vegetazione e, mentre Leopardi elogiava poeticamente la straordinaria capacità della ginestra dell’Etna, anch’essa appartenente a questo ecosistema, di resistere e rinascere al passaggio della lava incandescente, noi vogliamo farvi conoscere ancor meglio il Mirto.

Nonostante la sua fama maggiore spetti ad un’altra isola del Mediterraneo, anche in Sicilia questo arbusto si sviluppa in maniera consistente tanto che in provincia di Messina si trova un paese denominato proprio Mirto, poiché sorto nei pressi di una estesa presenza dell’omonima vegetazione.
Qui, in estate, si svolge, in occasione delle feste patronali, una degustazione dei prodotti da esso derivati. Il mirto si presenta come piccolo arbusto che può raggiungere anche i tre metri di altezza; la corteccia è rossiccia quando i rami sono giovani, nel tempo, invece, diventa grigiastra.
I fiori del mirto sono solitari, sparsi qua e là, di colore bianco o rosei e profumati mentre le bacche, quelle impiegate nelle preparazioni, hanno aspetto globoso ovoidale di colore nero azzurro o rosso scuro.
Le bacche raramente sono bianche, maturano da novembre a gennaio ma, dopo questo periodo, persistono ancora a lungo sui rami.
Il liquore di mirto bianco e altre curiosità
La pianta del mirto presenta proprietà non solo aromatiche ma anche officinali poiché contiene oli essenziali, il mirtolo, tannini e resine.
Il mirto ha proprietà balsamiche, antinfiammatorie, astringenti e antisettiche, utili nel caso di affezioni dell’apparato respiratorio e digerente.
Dalla distillazione, invece, delle foglie e dei fiori si ottiene una lozione tonica per la pelle.
L’impiego principale rimane, comunque, quello delle bacche utilizzate per la preparazione del liquore di mirto bianco (qui ne trovate qualcuno da assaggiare), ottenuto, per infusione alcolica delle stesse, dopo un processo di macerazione.
Meno diffuso, e altrettanto pregiato, è il liquore di mirto bianco ottenuto dall’infusione idroalcolica dei germogli giovani.
Non mancano anche tradizioni legate a questa pianta: i rami fioriti del mirto venivano usati a scopo ornamentale per decorare le case in occasione dei matrimoni o per premiare i poeti nelle manifestazioni letterarie.
Diventa, invece, simbolo di pace e di vittoria per i romani che premiavano con corone di mirto i reduci vittoriosi dalle battaglie.
Tra storia e gusto, ceste sotto braccio, dunque, pronti alla raccolta di queste picco- le gemme che, con la mano dell’uomo, si trasformano in mille opportunità.
Mirto di Sicilia, la leggenda
Secondo la leggenda il termine “myrtus” deriverebbe dal nome della giovane Myrsine, una fanciulla dell’Attica invincibile nelle gare ginniche.
Un giorno, dopo aver battuto un coetaneo durante una gara, fu uccisa da un amico di quest’ultimo; impietosita la dea Pallade trasformò il corpo privo di vita in un esile arbusto che nominò, appunto, Myrsine.
Considerato simbolo d’amore e di bellezza, il mirto era sacro alla dea Venere: si narra, infatti, che uscita nuda dalla schiuma del mare la dea si rifugiò dietro un cespuglio di mirto per evitare gli sguardi invadenti di un satiro.
Gelatina di Mirto, la ricetta
Ingredienti (per una resa finale di circa 400 gr di prodotto): 2 kg di bacche di mirto fresche; 1,2 kg di zucchero di canna; succo di un limone.
Preparazione: Mettete a macerare una notte le bacche, dopo averle lavate, in una pentola aggiungendo il succo del limone e lo zucchero; il giorno seguente mettete la stessa pentola sul fornello e fate bollire per 15 minuti.
Aspettate che il tutto si intiepidisca e solo allora procedete con lo strizzare, con un canovaccio pulito e di cotone, un po’ di bacche alla volta, questo procedimento eviterà che i tannini presenti nei semi si liberino e diano un gusto sgradevole alla gelatina.
Fate bollire ancora per mezz’ora il liquido ottenuto, a questo punto mettete nei barattoli a chiusura termica, precedentemente sterilizzati, e attendete circa un mese prima di consumare il prodotto finito.
La gelatina si sposa benissimo con crostini di pane e fette biscottate.