La Sicilia è l’isola dei simboli e dei significati spesso occulti. Ci sono itinerari esoterici che possono legare due città lontane, ma non troppo. E così un’acchianata (salita, ndr) al Monte della Santuzza a Palermo può rilevarsi interessante anche per riscoprire il culto di una dea che unisce nel segno della fertilità e della preghiera.
È il caso di Tanit. Da Palermo a Selinunte, un filo rosso di sacralità racconta una storia millenaria. Si va dalla grotta di Monte Pellegrino, quella che attualmente ospita il santuario, all’acropoli di Selinunte dove un’iscrizione stilizzata riprende l’immagine di questo culto.

Ma chi era Tanit? Veniva adorata soprattutto nell’Africa settentrionale preromana, e in particolare a Cartagine. Era la principale divinità. Un culto, forse originariamente libico, accolto e “adattato”. Una divinità lunare, della fecondità. Ci sono diverse stele votive puniche che sono state ritrovate nel sito dell’antica Cartagine. E c’è un simbolo: un disco e una falce lunare, in altri ancora sono invece combinati un triangolo equilatero, una linea orizzontale e un disco.
Ecco, Tanit era una dea madre. E come tale ancora oggi raccoglie, a volte in modo inconscio, anche preghiere e desideri di chi attende un bimbo o ha voglia di diventare mamma. Se andate al Santuario di Monte Pellegrino, a pochi metri dall’ingresso nella grotta, trovate l’antico altare punico dedicato proprio a Tanit. Qui, se fate attenzione, troverete tantissimi test di gravidanza. Promesse, doni, ex voto consegnati in realtà alla Santuzza, Santa Rosalia patrona di Palermo. Ma che per una strana coincidenza si trovano nello stesso posto dove veniva celebrato il culto a quella dea madre che era dea della fertilità.
Dopo avere respirato quell’aria provate a spostarvi nell’acropoli di Selinunte. Fate un giro e verrete attratti da uno spazio in particolare. L’area sacra, per l’appunto. E proprio in una di queste rocce troverete quel simbolo. Un’iscrizione. Segno di una presenza che rimane a distanza di millenni.