Palermo è una caramella. Si, alla carruba. E’ una città dolce, difficile dire il contrario anche se, a volte, può lasciarti l’amaro in bocca.
Palermo è una caramella perché il suo esser così barocca, sfarzosa ed esagerata è un’equazione che va di pari passo con lo zucchero con cui si preparano le più gustose cassate, i cannoli e via dicendo in un elenco infinito di prelibatezze e bontà.

Ma è una caramella alla carruba, però, proprio come quella che da cento e passa anni prepara la famiglia Terranova in un piccolo laboratorio all’interno del quartiere storico di Ballarò.
La città, infatti, la ami per la sua naturalezza e forse per quella sorta di effetto calamita che ti invoglia a conoscerne le viscere mentre ne solchi i vicoli. Dalle bellezze più note sino ai luoghi di Falcone che ne tracciano le storie più sanguinose.
Per produrre una manciata di caramelle alla carruba ci vogliono chili e chili di un frutto restio a donare il suo succo. Domandatelo a quelli che coltivano carrube in provincia di Ragusa, quanti anni ci vogliono per avere un buon prodotto naturale e poi metterlo nei sacchi.
Già, naturale, come Palermo, come una caramella alla carruba che si scioglie lentamente in bocca e che assapori fino ad ammaliarti della sua dolcezza. Fino a quando non arriva quell’amaro in bocca che è la sua stessa essenza.
Allora passi dal dolce al salato in un batter d’occhio. Dallo zucchero al pepe dei babbaluci e poi ancora a quello delle panelle, come faceva il bravo Tanino Speciale, che chiese la mano di sua moglie dentro ad un lapino-friggitoria, davanti al tramonto Sferracavallo..
Un sapore del quale non puoi fare a meno, che sia dolce o piccante e salato.
Come Palermo, come una caramella.