Solo i giochi di fuoco finali possono competere con il carro trionfale, il vero simbolo del Festino di Santa Rosalia a Palermo.
Di esso, come abbiamo fatto per le rose e del loro significato, è il caso di approfondire, considerando che l’edizione del Festino 2019 è stata annoverata fra quelle da record, per partecipazione e comune sentimento di apprezzamento per la bellezza della manifestazione.

Sfruttiamo allora le parole dell’ideatore del progetto del carro, il docente dell’Accademia di Belle Arti di Palermo Fabrizio Lupo, per addentrarci in quella che è una vera e propria opera d’arte: il carro del Festino di Santa Rosalia.
L’opera, che ha poi fatto da attore “immobile” del Festino diretto da Lollo Franco per Vm agency, è stata realizzata con la collaborazione di alcuni detenuti del carcere Ucciardone e di studenti dell’Accademia di Belle Arti.
Per chi volesse, il carro resterà in esposizione a piazza Marina sino quasi a Natale.
Palermo e l’opera d’arte chiamata carro del Festino
“Dovendo essere storicamente pertinenti alle precognizioni del Bonello – racconta Fabrizio Lupo – la Santuzza disse: Prendete le mie ossa e mettetele su di un carro, fatelo sfilare per la città e la peste sarà debellata.
È proprio questa immagine che ci ha portato, di comune accordo con il direttore artistico Lollo Franco, a non immaginare un carro dalle forme barocche ma che mantenesse invece la forma propria del “carro”, tenendo conto del sentimento popolare. Un carro che potesse mostrare la storia del ritrovamento delle ossa raffigurata in tre quadri ad altezza d’uomo, come nel “carretto siciliano”. I tre quadri raffigurano ai lati il sogno di Mattia Bonello a Monte Pellegrino e in opposto la Santa distesa nella grotta su un tappeto di rose, il quadro anteriore raffigura invece San Benedetto il moro che indica la grotta con il suo tesoro mistico duecento anni prima del ritrovamento delle reliquie.
L’idea di partenza lanciata dal direttore artistico era quella di ispirarsi allo sgabello delle carceri borboniche, dato che il tema dell’anno era l’inquietudine e che gli sgabelli, decorati con i colori del gusto popolare, realizzati dai detenuti quale volontà di riscatto da una condizione dalla quale ci si vuole liberare, hanno una forza espressiva forte e decisamente volta ad un elevazione attraverso l’apprendimento di una professione “alta” quale è l’artigianato artistico. La forma stessa dello sgabello con i suoi fori circolari diventa il simbolo di conciliazione interno-esterno, tra prigioniero e libero, il corpo può essere recluso ma la mente è libera di scegliere la propria strada.
Il tema della conciliazione degli opposti – prosegue Lupo – mi ha suggerito l’applicazione di due solidi tronco-conici contrapposti, l’inferiore con il suo ideale vertice sottoterra e il superiore che converge idealmente proprio al cuore della statua della Santuzza. La forma tronco-conica è propria dello sgabello, che, con la rotazione della parte superiore, come un grande “carillon” mostrerà la Santa a tutti, davanti, a destra, a sinistra ed anche a chi sta dietro.