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Cosa vedere a Naro

Settembre 3, 2019 by SiciliaWeekend

Cosa vedere a Naro, il paese del barocco spagnolo di Sicilia e di San Calogero. Ci sono una serie di bellezze uniche. Ecco quelle da non perdere.

Il castello chiaramontano

Ecco allora cosa vedere a Naro secondo Salvo Di Caro, uno scrittore che proprio lì ha ambientato questo suo romanzo e che ci ha regalato questo itinerario molto particolare.

Ogni giorno arrivo a Naro con il buio, ma il sabato ci vado di giorno, sbrigo qualche rapida commissione e subito a casa.

Ci sono giorni, e sabato è stato una di quelli, in cui la bellezza chiama e un giro veloce tra le mie pietre e le mie chiese lo devo fare. È difficile da spiegare a chi non è nato e cresciuto a Naro, cosa possa rappresentare questo piccolo gioiello barocco per i suoi abitanti.

Se non sei di palato fine e sono pochi in realtà ad esserlo, io per esempio non lo sono, la bellezza di questo paese ti prende lentamente, giorno dopo giorno e non ti lascia andare più.

Sono arrivato dalla statale, da Canicattì dopo essere andato a trovare un mio amico in campagna e subito a destra, la Porta D’oro nella sua maestosità, incastonata tra civili abitazioni, mi suggerisce di lasciare la macchina e scendere per oltrepassarla a piedi.

È irreale il silenzio di queste zone, le strade quasi deserte mi permettono quasi di sentire le grida delle migliaia di persone che hanno varcato quell’arco da dove entrava tutto il grano della città, voci di mercanti di tutte le razze che venivano nella Fulgentissima Città di Naro, titolo donatole da Federico II di Svevia nel 1233, a fare affari nel centro nevralgico di quella che un tempo era la Comarca.

Sì perché Naro da sempre è stata il faro nobile della sua zona e anche oggi, da nobile decaduta, si ostina a guardare tutti dall’alto in basso.

Cosa vedere a Naro, un itinerario

Dalla Porta D’oro, dopo essermi fermato qualche minuto sulla panchina a osservare in lontananza l’Etna che fuma, percorro a piedi un dedalo di viuzze che mi portano proprio davanti allo slargo del Castello Chiaramontano in cui il tufo dorato, recentemente riportato allo splendore anche di notte grazie ad una sapiente illuminazione, mi si mostra in tutto il suo splendore illuminato da un sole invernale, ma ancora caldo.

Imponente e maestoso, con il suo mirabile arco chiaramontano custodisce antiche leggende, salgo la gradinata a sinistra perché all’interno della torre quadrata, si può ammirare una parte della meravigliosa collezione del professore Milco Dalacchi grande conoscitore della storia della città e custode di una delle collezioni di abiti antichi più prestigiose di Sicilia.

Dopo aver visionato la collezione salgo, percorrendo una ripida scalinata in gradini di tufo, sulla torre rotonda, sormontata da una Madonna che da sempre protegge la cittadinanza.

Una rapida occhiata alla città, da qua sopra si vede tutto l’abitato che si distende stanco sul colle, alla mia sinistra la chiesa di San Calogero a cui rivolgo una preghiera, non fosse altro perché si narra che sia vendicativo verso chi gli fa uno sgarbo, tralascio le preghiere per gli altri santi che incrocio con lo sguardo e a cui sono dedicate tutte le chiese.

Cosma e Damiano, il Santissimo Salvatore, Sant’Agostino, Santa Maria di Gesù, San Nicola, la Madonna del Lume, lo Spirito Santo e qualcuna non riesco a vederla perché le case nel tempo, spesso le hanno superate in altezza.

Ma lo sguardo si sa, appena trova aria si distende e con il favore del cielo, superata la Valle del Paradiso, va verso il mare africano che sembra a portata di mano e mi dà la sensazione che da lassù si possa dominare il mondo.

Chissà se Pietro Calvello, signore di Naro ha pensato la stessa cosa prima di imprigionare la sua Giselda rea di averlo tradito con Beltramo, difficilmente potremo saperlo, ma se avete un cuore romantico potrete la sera del quindici agosto fatevi trovare nei paraggi, si dice che si può ancora sentire il suo pianto. 

Le tracce arabe

C’è una leggera brezza, a occidente nuvole cariche di pioggia mi costringono ad affrettare il passo, una piccola salita e sono al Vecchio duomo, la chiesa è nata su una preesistente moschea araba, si da qui sono passati tutti mancate solo voi, è imponente e ferita, puntellata da mille tubi di acciaio che ricordano a chi non fosse avvezzo a notarle da se queste cose che la chiesa ha bisogno di aiuto.

Nel silenzio un cane abbaia e una signora apre furtiva la porta di un magazzino che un tempo era forse annesso alla chiesa di Sant’Antonio, chiesa che purtroppo non esiste più.

La signora mi guarda, probabilmente si chiede cosa faccio quasi all’ora di pranzo tra quelle strette vie. Me lo chiedo di rimando pure io e la risposta è che ogni tanto serve.

Serve ricaricarsi di bello, serve vedere la meraviglia costruita da sapienti mani di artigiani, serve vedere il tufo modellato finemente a ricordarci che l’uomo può e deve arricchire sempre il posto dove vive, ma serve soprattutto a raccontare a tutti che Naro merita una visita. Sempre.

Nel frattempo m’incammino, devo andare a prendere la macchina e dal vecchio Duomo mi dirigo ancora verso la Porta D’oro. La strada è un po’ lunga ma in discesa tutti i santi aiutano. Anche quelli ai quali per troppa fretta non si è rivolta una preghiera.

Il giallo ambientato a Naro

Dopo aver letto cosa fare a Naro potete tuffarvi nel suo mondo grazie a “Un caso qualunque” di Salvo Di Caro, che potete sfogliare in anteprima.

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Filed Under: Cultura Tagged With: naro

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