Maredolce, il rione di Palermo tra Brancaccio e Ciaculli, torna sotto i riflettori per un recupero urbano che schiaccia l’occhio all’Unesco.
Giovedì 10 ottobre la Fondazione Benetton Studi Ricerche torna a Palermo con l’incontro Piazze e pianure che son tutte un giardino (Ibn Giubayr, XII secolo). L’appuntamento è in programma alle ore 17.45 nel Teatro Bellini, ed è dedicato alle trasformazioni di Maredolce, luogo magico della città, dimenticato per decenni, e tornato a nuova vita grazie al lavoro della Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali di Palermo. Il tutto supportato dalla Fondazione Benetton con il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino assegnato nel 2015 e il workshop di progettazione Maredolce–La Favara. Un nuovo paesaggio per Brancaccio, svolto l’anno successivo.

Maredolce-La Favara è un luogo, nel cuore del quartiere Brancaccio, che conserva la memoria e le testimonianze tangibili di ciò che è stato il paesaggio nella civiltà araba e normanna in Sicilia. Siamo nel quadro più ampio di quel territorio che nella storia prenderà il nome di “Conca d’Oro”, e che nel corso delle trasformazioni recenti ha visto offuscarsi, se non addirittura dissolversi, il proprio carattere distintivo.
Maredolce e l’Unesco
Dell’evoluzione di Maredolce, del suo auspicato futuro inserimento nel percorso Unesco arabo normanno, anche in relazione alle vicende di altri siti quali il Palazzo Reale, la villa di Napoli e la Zisa, si parlerà in un luogo altrettanto simbolico della volontà della città di Palermo di riappropriarsi del suo patrimonio culturale: lo storico Teatro Bellini, affacciato sulla piazzetta dietro il Municipio, chiuso da decenni e ora rianimato dalla cooperativa Terradamare, già protagonista della rinascita del quartiere Ballarò.
Interverranno: Giuseppe Barbera, Università di Palermo; Lina Bellanca, Soprintendente Regionale; Luciano Maria D’Angelo, ATS Maredolce Verde. Stefano Vassallo, Museo archeologico A. Salinas; Maria Andaloro, Università della Tuscia; Michele Buffa, Osservatorio Regionale del Paesaggio. Aurelio Angelini, Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia. Modera Marco Tamaro, Fondazione Benetton. Parteciperà il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
Maredolce, la Favara
Maredolce-La Favara si presenta oggi come una vasta depressione del terreno, che è stata in passato un grande bacino. Al centro c’è un’isola di forma irregolare ancora ben riconoscibile e un magnifico palazzo posto tra il bordo di questa cavità e le schiere di case costruite nel tempo a ridosso del suo perimetro, a nord-ovest.
Al suo interno, in un ambito di circa venticinque ettari, si sviluppa un sistema complesso di manufatti, congegni idraulici e un vasto agrumeto.
Segni che raccontano la condizione di grande spazio coltivato vissuta sin dalle sue origini. Il luogo è stato presidio della città per chi giungeva per mare o per terra dalla costa tirrenica e area di colture agricole di pregio, dopo che le acque di una sorgente, nate dal piede di una montagna, furono regolate e qui convogliate.
Il giardino del re
Chiamato Favara nel X secolo, nome arabo che dice di acque che sorgono abbondanti, e Maredolce dal XIV secolo, a celebrare la straordinarietà di un “lago” talmente grande da misurarsi con il vicino mare, è stato oggetto di insediamenti romani, arabi e normanni.
Ha visto il disordine di sorgenti e paludi trasformarsi nell’ordine di campagne coltivate con tecniche di irrigazione che coniugano l’antica sapienza idraulica romana con le innovazioni portate dalla rivoluzione agricola araba.
Giardini di palme e di agrumi, estese colture di canna da zucchero, vigneti e oliveti, alimentati da un grande bacino, con un’isola al centro celebrata da poeti e viaggiatori, arabi e normanni.
Sede di una dimora reale, chiamata “sollazzo” da Ruggero II, il sovrano che trasformò il luogo, a indicare non solo il diletto del giardino, dell’acqua o della caccia, ma anche quello che proviene dall’incontro tra culture diverse – bizantina, araba, normanna – nell’architettura, negli stili di vita e nel paesaggio, nel confronto di idee con i sapienti del tempo. Tutto questo a Palermo, nella grande isola al centro del Mediterraneo, luogo d’incontro tra le diversità biologiche e culturali di tre continenti.
[Testo tratto dalla motivazione della Giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2015]