Il podcast di viaggio emozionale in Sicilia vol. 1: una guida per chi ama viaggiare, raccontata dal personaggio letterario Iachìno bavetta.
Mi presento. Sono Iachìno Bavetta, faccio il giornalista e mi piace parecchio il buon cibo.
Sono affascinato dai luoghi belli, lo sapete, quelli in cui posso abbracciare mia moglie Carmela mentre il sole tramonta o, se sono solo, respirare l’aria fresca delle montagne e riempirmi gli occhi delle bellezze architettoniche che ci sono dietro casa.
Facendo il lavoro che faccio, giro molto, moltissimo. Perché è vero che ormai possiamo essere ovunque restando assittati, ovvero seduti, sul divano di casa. Ma è pure vero che quando le cose le vediamo coi nostri occhi, tutto assume un altro aspetto.
Quando vi racconterò di ciò che potete fare, vedere o gustare in Sicilia, vi verrà il desiderio di essere al mio fianco.
Perché la cosa più importante del viaggio, e della vita in generale, è la condivisione.
Senza scambiarci un gesto, uno sguardo o anche solo il panino con le panelle come faccio io con il mio friggitore di fiducia Tanino Speciale, tutto resta piatto.
Invece a me piace pensare che il viaggio sia un modo per arricchirsi. Per cui, se venite in Sicilia con me, ricordatevi di portare una valigia in più. La potrete riempire di quello che volete, compresa la cassata che ormai fanno salire in aereo senza problemi.
Io vorrei che ci metteste il vostro desiderio alla partenza. Vedere posti belli, mangiare bene, rilassarvi, stare in compagnia e brindare con un buon bicchiere di vino, di quelli che qui sappiamo fare bene.
Fatte queste premesse, mettiamoci a braccetto e viaggiamo insieme alla scoperta di questa terra bagnata dal mare e chiamata Sicilia.
Il podcast di viaggio emozionale in Sicilia vol. 1 – il testo
Se dovessi venire in Sicilia da turista, la prima cosa che farei è mettermi seduto. Si, ovunque arriviate e a prescindere dal mezzo, non farei la corsa a posare le valigie in hotel. Andrei insieme ai pacchi ingombranti nella piazza della città di destinazione e mi siederei in un bar all’aperto, sia d’estate che d’inverno. Mi metterei a osservare quello che succede intorno, per entrare in sintonia con il luogo.
Vedrei le persone passeggiare, ne scruterei i volti e cercherei di capire che fanno e come sono fatte. Và, vorrei sentirmi uno di loro, poi vorrei anche farmi guardare. Una persona con le valigie al fianco richiama sempre attenzione: quella di un benvenuto o quella che scatena l’immaginazione.
Dove sta andando? Sono arrivati? Vanno via? Chissà che hanno fatto? Gli sono piaciuti i posti? Chissà di dove sono?
Ecco, mi metterei seduto a giocare con gli spazi.
Bevuto il caffè e dimenticata la fatica del viaggio, andrei in hotel con un occhio nuovo, uno spirito sereno e pronto ad iniziare l’avventura siciliana.
.
Dire da dove tracciare la linea è un compito non semplice, perché quest’isola ha avuto in dono una preziosa caratteristica: quella di essere bagnata dal mare ma di avere le montagne, grandi città e piccoli borghi che si contendono la fascia di più bello ed elegante.
La Sicilia ha avuto l’influenza di culture che ne hanno condito i monumenti e pure la gente. Questo può confondere, perché, come direbbe il mio compagno d’avventure Gerlando, vien da chiedere: e quindi da dove iniziamo? Sembra una sfortuna ma per un viaggiatore non lo è, perché dovunque si faccia approdo, la Trinacria avrà qualcosa da raccontare. Non ci credete? Attraversiamo la strada insieme vi faccio vedere qualcosa.
.
Siete appena arrivati a Palermo, dal mare o dal cielo è uguale perché è l’azzurro il colore predominante. Il sole è alto e avete voglia di fare due passi.
Andiamo a piedi, percorriamo un paio di strade poi, girato l’angolo, ci troviamo davanti al teatro Massimo, una mastodontica opera architettonica liberty che ci ricorda come l’arte rinnovi i popoli e ne rivela la vita.
Sarete contenti di vederlo perché gli occhi vogliono la loro parte: colonne, una scalinata elegante e grandi leoni di bronzo ad accogliervi. Lo so, non è abbastanza, la voglia è quella di una sbronza a stomaco vuoto, qualcosa che possa davvero stravolgere il corso delle cose. Sarà mattina inoltrata, ormai, e anche lo stomaco brontola.
Bastano due passi ancora per trovarci davanti ad una delle porte della città antica.
Ad aspettarvi non ci sono corazzieri e gendarmi, ma persone normali che colorano l’accesso al mercato del Capo con frutta e verdura di stagione.
Come fossero fiori, peperoni, uva e pomodori fanno dell’ingresso al mercato un dipinto a cielo aperto. Poi è la volta del pesce e quello delle cose buone da mangiare calde calde. I cardi e i broccoli in pastella, magari un arancina o una panella fritta all’istante. Fermiamoci, ordiniamo qualcosa.
In piedi, possiamo osservare come le tende colorate dei mercanti siano un elemento architettonico che sembra voler proteggere le chiese e gli antichi palazzi da occhi indiscreti.
.
A che ci siamo lo volete assaggiare un polpo appena pescato e cotto davanti al mare?
Se si, vi faccio salire in Cinquecento, la mia macchinina d’epoca con cui giro città città. Partiamo a razzo e ci addentriamo fra gli alberi della Favorita, l’antica riserva di caccia del re Ferdinando di Borbone. Lungo la strada alberata accarezziamo le falde di monte Pellegrino, sulla cui sommità c’è un balcone con vista sulla città che incantò un vero viaggiatore e poeta delle lettere di nome Goethe.
A seguire, ci vuole una sosta in spiaggia davanti ai vecchi stabilimenti balneari, sfarzo di un’epoca che non c’è più, due passi sulla sabbia fine e un occhio al mare e alle barchette a vela che sfrecciano a distanza.
Posteggiamo e andiamo a piedi, per goderci la vista sul mare e sulle ville antiche.
Nel frattempo, in piazza il polpo lo stanno facendo cuocere. Quando saremo arrivati avremo solo da chiedere, aspettare che lo servano e addentarlo così, con le dita delle mani e un goccio di limone sopra.
Ci rilassiamo e ci guardiamo intorno. Lo so che state immaginando quanto possa essere bello vedere tutto dall’alto. E allora saliamo, a piedi o in auto verso la vetta del monte che custodisce le esequie della patrona di Palermo.
Si chiama Santa Rosalia e per lei il 14 luglio si fa una festa cui partecipa tutta la città, nessuno escluso.
Alla fine di tutto, a notte fonda, dopo che il carro trionfale ha camminato dalla Cattedrale a Porta felice lungo tutto il Cassaro e dopo che il sindaco ha gridato ai Quattro Canti viva Palermo e Santa Rosalia, sarà il turno di spettacolari giochi d’artificio.
Nell’attesa che vengano sparati, camminando camminando, avremo assaggiato pollanche, ovvero pannocchie, calde, semi di zucca salati, anguria fredda e i famosi babbaluci, le lumache che qui si mangiano pepate e con tanto aglio. La birra fresca ci salverà dal caldo e metteremo alle spalle qualsiasi pensiero brutto.
Saliamo sul monte intanto. lo spettacolo è magico, perché si vede tutta la costa fino alla bella Cefalù, dove magari andremo per vedere lo splendido duomo normanno che si erge imponente e che si può vedere insieme a tutto il paese da una spiaggia chiamata Mazzaforno.Prima di dedicarci ai musei, domani, vi lascerei con un’immagine romantica.
Il tramonto dietro Isola delle Femmine. Siamo già vicini e il borgo marinaro di Sferracavallo è il posto giusto per godere di uno spettacolo che a me e mia moglie Carmela fa innamorare ogni volta che ci andiamo. Anche se ci sono con noi i picciriddi, i bambini, un bacio ce lo diamo sempre. Perché, dice Carmela: l’amore fa diventare le cose bellissime. E questa è già una cartolina: il mare calmo, un isolotto basso che diventa nero al calar del sole e il rosso della stella che va a nanna insieme a noi.
[…] ha spinto questi popoli alla volta della Sicilia? Non esistendo ancora i cannoli e le panelle, ci siamo dette che qualche cos’altro doveva pur […]