Nella Divina Commedia di Dante c’è anche la Sicilia: l’isola e anche la città di Palermo sono citate nell’VIII canto del Paradiso: ecco i versi.
Il 25 marzo è chiamato anche Dantedì ovvero la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri. La giornata è stata istituita nel 2020 dal Consiglio dei Ministri.
Il 25 marzo, infatti, è il giorno riconosciuto dagli studiosi come data di inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, la magnifca opera che potete sfogliare da qui. Per celebrare la giornata, ogni anno, ci sono iniziative in tutta Italia, nelle scuole e nei luoghi di cultura.
E nella Divina Commedia c’è anche la Sicilia, la ritroviamo fra i luoghi più belli, quelli del Paradiso. Sembra uno scherzo ma è un po’ come chi affronta un viaggio nell’isola e cerca dove andare… in posti di grande bellezza.
Dantedì, Sicilia e Divina Commedia
“II 25 marzo ricordiamo il genio profetico e contemporaneo di Dante Alighieri, l’Omero del Medioevo, come lo definì Abel-François Villemain, storico, letterato e politico francese del XIX secolo. In una società sempre più liquida e priva di riferimenti, il richiamo a Dante è espressione di identità, coscienza e amore per la nostra storia“.
È il commento dell’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, in occasione della giornata del Dantedì, dedicata a Dante Alighieri: “Non si può, inoltre, non ricordare – aggiunge – il suo amore per la Sicilia e l’alto concetto riguardo il Siciliano, non un semplice dialetto, ma una lingua. Il Sommo poeta, d’altronde considerava la “scuola siciliana” Federiciana alle origini della nostra lingua e letteratura e il suo promotore, Federico II di Svevia, nonostante la collocazione all’Inferno perché “eretico epicureo”, un grande imperatore in quanto il suo regno era espressione di civiltà, spirito etico e magnanimità“.
L’VIII canto del Paradiso
“E l’amore di Dante per la nostra Terra e il suo Vulcano – ricorda ancora l’assessore Samonà – lo ritroviamo nell’VIII canto del Paradiso con una descrizione molto precisa. Pur non essendoci testimonianze storiche su una sua presenza in Sicilia, infatti, non possiamo non rimanere colpiti dai suoi versi che, veicolati da Carlo Martello, fanno fare, anche a chi non c’è mai stato, un viaggio immaginifico in questo avamposto del Mediterraneo, elogio continuum di bellezza così amato dagli Dei, in cui abbiamo la fortuna di abitare:
“E la bella Trinacria, che caliga | tra Pachino e Peloro, sopra ‘l golfo | che riceve da Euro maggior briga, | non per Tifeo ma per nascente solfo, | attesi avrebbe li suoi regi ancora, | nati per me di Carlo e di Ridolfo, | se mala segnoria, che sempre accora | li popoli suggetti, non avesse | mosso Palermo a gridar: “Mora, mora!”