Cretto di Burri a Gibellina (Sicilia): il significato dell’opera, dove si trova e come arrivare per visitare l’opera di land art nata dopo il terremoto del Belìce.
C’è un luogo unico al mondo nella Sicilia occidentale, a cavallo tra passato e presente. Percorri una strada tortuosa e in salita, finché scorgi un vello chiaro che si stende sull’antica Gibellina: il Cretto di Burri.

L’Isola vanta un patrimonio di inestimabile valore e di bellezze da ammirare ne potremmo elencare decine, se non centinaia. Ma il Cretto è un’opera unica nel suo genere che sarebbe in grado di sorprendere anche il visitatore più scettico.
Qui la bellezza non c’entra nulla. Ciò che colpisce di questa gigantesca opera di Land Art è un senso di malinconia, solitudine, assenza. Il ricordo di ciò che è stato e che tragicamente è venuto a mancare, ma che continua a vivere grazie a quel sudario. Un ultimo gesto di misericordia che ne conserva la memoria.
Cretto di Burri Gibellina, storia di una tragedia
Non si può che restare affascinati dalla storia della genesi del Cretto di Burri, realizzato dall’omonimo artista italiano tra il 1984 e il 1989. Circa due decenni prima, nel 1968, la città di Gibellina era stata devastata da un terremoto che colpì l’intera Valle del Belice in modo così violento da cambiarne per sempre l’aspetto.
Gibellina fu letteralmente rasa al suolo e da quella funesta notte tra il 14 e il 15 gennaio il suo destino cambiò per sempre. La città non esisteva più, niente più case, niente più vita. E i cittadini residenti da un momento all’altro si ritrovarono senza un tetto sopra la testa, strappati alle loro vite di sempre.
Oltre a Gibellina anche altre cittadine come Montevago, Salaparuta, Poggioreale, Menfi, Salemi e Santa Margherita di Belice subirono danni. Basti pensare che la seconda scossa di terremoto fu talmente forte da far tremare persino Palermo, Trapani e Sciacca.
A quel punto cosa restava oltre al dolore della perdita, che conteggiò anche tante vite umane? Com’è nella natura dei siciliani, che come l’acqua scavano tra le fessure più strette pur di farsi spazio e continuare a vivere, si pensò a un progetto di ricostruzione di Gibellina.
Una Nuova Gibellina
Ci vollero anni, anzi decenni di lavori interminabili affinché la Valle del Belice tornasse a vivere. Anni segnati dalle lentezze burocratiche, con migliaia di persone costrette a vivere nelle tendopoli e nelle baraccopoli. Il destino di Gibellina si delineò a partire dagli anni Settanta.
L’allora sindaco della città, Ludovico Corrao, chiamò a raccolta artisti e scultori provenienti da ogni parte del mondo con un unico intento: lavorare a un progetto comune per dare vita a una Nuova Gibellina, che sostituisse quella ormai perduta.
Tra questi c’era anche Alberto Burri, scomparso nel 1995. Burri era un artista rinomato per le sue opere pittoriche ma soprattutto per il suo stile plastico, dedito alla sperimentazione e all’uso dei materiali più disparati. Burri giunse nella Nuova Gibellina quando già aveva preso la forma del museo en plen air che ancora oggi possiamo ammirare.
Così volle a tutti i costi andare a visitare ciò che rimaneva della antica Gibellina. Vide i ruderi, quelle case che non erano più tali, la morte nel cuore della natura. Ed è allora che ebbe l’illuminazione: costruire proprio lì il più grande dei suoi Cretti, ciclo di opere che aveva iniziato nel 1973.

Il cemento incontra la natura. E nasce la poesia
Andammo a Gibellina con l’architetto Zanmatti, il quale era stato incaricato dal sindaco di occuparsi della cosa. Quando andai a visitare il posto, in Sicilia, il paese nuovo era stato quasi ultimato ed era pieno di opere. Qui non ci faccio niente di sicuro, dissi subito, andiamo a vedere dove sorgeva il vecchio paese. Era quasi a venti chilometri. Ne rimasi veramente colpito. Mi veniva quasi da piangere e subito mi venne l’idea: ecco, io qui sento che potrei fare qualcosa. Io farei così: compattiamo le macerie che tanto sono un problema per tutti, le armiamo per bene, e con il cemento facciamo un immenso cretto bianco, così che resti perenne ricordo di quest’avvenimento.
Alberto Burri
Non è difficile immaginare cosa possa aver provato Alberto Burri alla vista di quella devastazione. Percorrere quella strada tortuosa e un po’ fuori mano, lontana dai soliti percorsi turistici. In fondo è un po’ quel che si prova ancora oggi quando si decide di intraprendere un viaggio alla volta del Cretto di Gibellina.
Ottantamila metri quadri di cemento misto a detriti, con il suo Cretto l’artista ha dato vita alla più grande opera di Land Art d’Italia. Quello di Burri è stato un intervento lungo e complesso, che ha dovuto fare i conti con la mancanza di fondi. I lavori sono iniziati nel 1985, per poi subire una battuta d’arresto nel 1989, quando erano stati completati soltanto i due terzi dell’opera. L’artista non ha mai potuto vedere il suo Cretto completo. Morì nel 1995, mentre il grande sudario di cemento steso sulla Vecchia Gibellina è stato completato solo nel 2015.
Guardare il Cretto di Gibellina è un’esperienza che tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita. Il cemento poggia su ciò che ai tempi restava della città, creando una mappa che ricalca costruzioni e strade d’origine. Così il turista può percorrere quei vicoli, abbracciato dagli alti blocchi un tempo bianchi e lucenti, oggi ingrigiti dalla naturale azione del tempo.
Il Museo del Grande Cretto di Gibellina
Il museo vuole recuperare la memoria e mostrare le fasi che hanno portato alla progettualità del Cretto. Il museo, simbolicamente, recupera, conserva e comunica la memoria di Gibellina. (…) Per realizzare il progetto museografico sono stati impiegati sei mesi, con lavori che hanno trasformato l’ex chiesa un museo: abbiamo realizzato un museo molto lineare, perché abbiamo scelto di mantenere e rispettare l’ambiente architettonico originale.
Tanino Bonifacio – Artribune
Gibellina è un luogo votato all’arte, in tutte le sue forme. Ed è incredibile come a distanza di tanti anni da quel terribile terremoto continui a essere al centro di opere e progetti ad essa legati. Nel 2019 l’assessore alla Cultura di Gibellina, Tanino Bonifacio, ha fatto un ulteriore passo in avanti, istituendo il nuovo Museo del Grande Cretto.
Sulle orme del progetto di Burri, il Museo ripercorre tutte le tappe della genesi dell’opera del maestro. Significativo anche il luogo che occupa, l’antica chiesa di Santa Caterina che è di fatto l’unico edificio della cittadina rimasto in piedi dopo il sisma. La chiesa si trova ad appena 300 metri di distanza dal Cretto e oggi è un’ulteriore (ottima) ragione per intraprendere un viaggio alla scoperta della Vecchia e Nuova Gibellina.
All’interno del Museo del Grande Cretto di Gibellina troverete fotografie, documenti storici, plastici e proiezioni che raccontano la genesi dell’opera di Burri, divisi nelle due sezioni tematiche Gibellina prima del terremoto del 1968, Dalla tragedia alla rinascita e Nascita del Grande Cretto e i suoi progetti. Il percorso si arricchisce, inoltre, di due proiezioni dedicate al Cretto, una che porta la firma di Petra Noordkamp, presentata al Guggenheim Museum di New York in occasione della retrospettiva dedicata a Burri The Trauma of Painting, e il corto Alberto Burri, la vita nell’Arte di Davide Gambino e Dario Guarneri, prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo.
Come si arriva al Cretto di Burri a Gibellina
Per raggiungere il Cretto di Burri occorre munirsi di automobile. La Vecchia Gibellina si trova al di fuori degli abituali percorsi turistici, perciò attenzione alla segnaletica ed evitate le stradine limitrofe.
Da Palermo (72 km, 1h e 10 min circa): percorrere la A29 direzione Mazara del Vallo, raggiungere il Comune di Santa Ninfa e proseguire lungo la SS119, seguendo le indicazioni per il Cretto.
Da Trapani (82,5 km, 1h e 10 min): percorrere la A29 direzione Palermo, raggiungere il Comune di Santa Ninfa e proseguire lungo la SS119, seguendo le indicazioni per il Cretto.
È preferibile dotarsi di abbigliamento comodo, con scarpe da ginnastica o da trekking. In questo modo potrete godervi senza problemi il percorso tra le isole del Cretto i Burri. Ricordate anche di portare con voi acqua da bere, dal momento che nei pressi dell’opera non ci sono bar né strutture. Per visitare il cretto di Burri l’ingresso è libero e non vi è alcun costo da sostenere.
Il Cretto visto dal drone, video
Scegliamo un video di Vincenzo Cerao per mostrarvi il Cretto dall’alto in tutta la sua bellezza.