Piazza Pretoria Palermo: l’incredibile storia della fontana simbolo della città, chiamata anche piazza della vergogna e cosa vedere.
Abbiamo appena finito di ammirare tutti i gioielli di piazza Bellini e adesso bastano pochi passi per giungere alla famosa ed incantevole piazza Pretoria, così chiamata per via del principale ingresso del Palazzo municipale – già residenza del Pretore cittadino – che si apre su di essa.

La piazza, circondata anche dalla chiesa di S. Caterina, dal recentemente restaurato palazzo Bonocore e dal tristemente abbandonato palazzo Guggino-Bordonaro, si svela in tutta la sua magnificenza con la sua protagonista che la ricopre quasi interamente: la fontana Pretoria.
LA STORIA DELLA FONTANA di piazza PRETORIA
Una fontana che ha una storia lunga ed appassionante iniziata nel 1551 quando Don Luigi Toledo volle costruire, a Firenze, una residenza dotata di un grande giardino: palazzo San Clemente, similmente a quella edificata l’anno precedente da sua sorella Eleonora, consorte di Cosimo I.
Il progetto della fontana fu realizzato da Francesco Camilliani con la scelta di un preciso materiale di grande effetto scenico nel verde dei giardini: il marmo bianco di Carrara che fu utilizzato per la creazione di elementi e statue rappresentanti divinità pagane, come Apollo, Venere, Cerere, Ercole, Bacco, Adone e Diana; di animali, delle Virtù ed allegoricamente dei fiumi di Firenze, come l’Arno e il Mugnone. Il giardino di Don Luigi Toledo rappresentava il passaggio dal gusto rinascimentale, a cavallo fra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, a quello manierista in cui l’arte e la natura dei giardini si confrontavano in uno scenario magico fra allegorie, giochi d’acqua e percorsi, ad esempio quelli labirintici, allo scopo di coinvolgere il visitatore nella sua sfera emozionale ed intellettiva.
Ma nel corso degli anni accadde che Don Luigi Toledo, ritrovandosi in difficoltà economiche, si vide costretto a rinunciare alla sua bella fontana. Infatti nel 1569 suo fratello Garzia di Toledo, che era stato viceré di Sicilia, la propose in vendita al Senato palermitano per la “modica” somma di 20.000 scudi, corrispondenti agli attuali 516.000 euro, nonché ad un miliardo delle vecchie lire. Cifra pazzesca che però fu accettata dal Senato nel 1573 e che probabilmente fece scaturire l’appellativo di “Fontana della vergogna” da parte del popolo di Palermo.
L’idea del Senato era quella di collocare la fontana nel Piano del Pretorio, abbattendo alcune case per recuperare spazio disponibile, arredandolo prestigiosamente in un periodo in cui venivano attuati degli interventi riqualificativi urbani, come l’ampliamento del 1567 del Cassaro – oggi via Vittorio Emanuele.
LA FONTANA “SMONTATA”
Nel 1574 la fontana arrivò a Palermo smontata in 644 pezzi tramite un incaricato da Don Luigi Toledo insieme a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, che si occupò di adattarla alla piazza. In seguito, da Firenze e probabilmente anche da Napoli, giunsero altri pezzi per il cui montaggio e relativa integrazione collaborò Michelangelo Naccherino.
Il Senato palermitano coinvolse anche il principale poeta siciliano del Cinquecento, Antonio Veneziano, il quale contribuì alla disposizione delle statue con i suoi suggerimenti rielaborandone il significato dell’identità iconografica fiorentina per conformarla a quella palermitana in un suo lungo scritto. Infatti i fiumi rappresentati presero il nome dei corsi d’acqua palermitani: l’Arno divenne l’Oreto; il Mugnone diventò il Gabriele; l’Affrico il Papireto ed infine la rappresentazione della sorgente Ippocrene servì a raffigurare quella di Maredolce.
I lavori di installazione e di adeguamento della fontana con il suo approvvigionamento idrico durarono oltre dieci anni, montandola con l’affaccio sul Cassaro come si può notare dalla posizione del puttino alla sua sommità; considerato che all’epoca l’altezza dei palazzi frontali (Bonocore e Bordonaro) era più ridotta.

PIAZZA PRETORIA E LA FONTANA “DELLA VERGOGNA”
Frattanto veniva costruito, dal 1566 al 1596, l’adiacente monastero di clausura di Santa Caterina dalla cui vicinanza nacque la leggenda secondo la quale furono le suore a denominarla “Fontana della vergogna” in riferimento alla nudità delle statue. E le leggende popolari sulla fontana continuarono, addirittura fino ai nostri giorni, attribuendo ad una delle statue l’identità di una regina dalla discussa fama morale, in quanto la si riteneva capace di accoppiarsi carnalmente ai cavalli. Si trattava di Giovanna II d’Angiò, che il popolo intese raffigurata dalla statua della Ninfa nuda adagiata accanto alla scultura del cavallo Pegaso.
Nel secolo successivo il taglio a croce del Cassaro con l’apertura di via Maqueda e la costruzione della splendida chiesa barocca di S. Giuseppe dei Teatini cominciarono a modificare l’aspetto del contesto urbano in cui sorgeva la fontana che in seguito, nel 1737, fu circondata da una cancellata di ferro e da un’altra del 1864, realizzata da Giovan Battista Filippo Basile.
In quello stesso anno si operarono dei lavori di abbassamento del livello del piano stradale sia del Cassaro che di via Maqueda, creando due scalinate di accesso alla piazza su entrambe le strade: quella sul Cassaro si trova intersecata fra palazzo Guggino Bordonaro e palazzo Bonocore e venne denominata “calata” (oggi discesa dei Musici) perché utilizzata dagli strumentisti al servizio del Senato; mentre nel 1877 la gradinata più ampia che si affaccia su via Maqueda venne arricchita agli estremi da due statue in pietra grigia di Billiemi, opera di Domenico Costantino, raffiguranti due “sfingi egizie”. Ma le storie di questa piazza non finiscono qui: attraverso un apposito passaggio sotterraneo, opera del 1765 dell’architetto Nicolò Palma, transitavano le monache del monastero di clausura della Martorana per raggiungere il loro belvedere sul Cassaro all’uopo edificato su palazzo Guggino-Bordonaro e non più esistente. La storia più struggente della fontana Pretoria riguarda invece i devastanti bombardamenti dell’ultima guerra mondiale. Oltre ai danni causati a diverse statue, per fortuna non completamente rovinosi, nel suo sottosuolo trovarono rifugio tanti cittadini palermitani per scampare alle bombe.
A tutt’oggi, accedendo da una porta all’interno del palazzo municipale, si può visitare il rifugio antiaereo di piazza Pretoria che mise in salvo tante vite umane. La fontana Pretoria è uno simboli più rappresentativi di Palermo, definita “il giardino del Palagio del Senato” dallo storico Vincenzo Di Giovanni, che ancora oggi si manifesta agli occhi dei visitatori in tutta la sua meravigliosa imponenza ornamentale ed architettonica impiantata ellitticamente a vasche concentriche disposte su tre livelli. Alla prossima passeggiata.
LA NOSTRA GUIDA-AUTRICE
Il mondo di Giuseppina Lombardo è ricco e variegato, la sua passione per la storia e la città di Palermo ci conduce nei meandri più affascinanti della città.
In attesa di scoprire i nuovi itinerari, potete sfogliare il suo libro, singolare per il fascino con cui racconta i luoghi meno battuti e le particolarità storiche da scoprire in città.
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