“House of Us”, la performance teatrale di Irina Brook vissuta come esperienza catartica fra le stanze nobiliari di Palazzo Sant’Elia a Palermo.
Cosa è la vita del teatro se non la vita stessa? Un luogo di scambio, la scena, in cui a volte attori e spettatori possono prendersi per mano e percorrere quella via magica chiamata storia, rappresentazione se vuoi.

Lo fa così, con una profondità e una delicatezza disarmanti, la performance “House of Us” di Irina Brook, con la produzione del Teatro Biondo, resa sublime anche grazie ad una location d’eccezione che, per storia e architettura, si presta perfettamente a questa piéce: il piano nobile di palazzo Sant’Elia a Palermo.
I temi sono quelli della vita e della morte, del ricordo di una madre, di un padre e una famiglia. E poi il teatro, vero protagonista, che rimarca la sua presenza in ogni dove: dai sonetti di Shakespeare stampati alle pareti al momento in cui, dopo una libera passeggiata fra le prime stanze, si entra davvero in scena.
Un micro mondo e un sogno, quello di vivere la propria vita in scena. In un romantico mix di inglese e italiano un uomo racconta la sua vita da casa: un micro spazio alle cui spalle, dentro decine di scatole ammassate, c’è la sua vita intera. E quando un uomo riesce a mettere tutta la vita in delle scatole, per inseguire il suo sogno, riaprirle significa potere rivivere una parte di essa. Fra lacrime e sorrisi.
Unioni, separazioni e il tempo che passa, portando inesorabilmente alla morte. Video installazioni, micro camerini e stanze che diventano scena viva quando gli attori mettono in moto la loro storia. E quando arriva il freddo, il freddo della vita, delle fatiche e del dolore, c’è sempre una rinascita: partono le musiche, si cantano i ricordi, risuona la vita. La vita del teatro, che è poi la vita stessa.
Non è finita qui. Perché questa è una performance su cui cala lentamente un sipario che vorresti non vedere abbassare mai. Si cammina al buio e con delle lanterne in mano si affronta la parte più buia dell’esististenza che volge al termine.
Ma il finale è speranzoso, perché quando meno te lo aspetti, da lontano, come un altrove di cui percepire le forme, un ballerino ci ricorda con la sua danza che l’aldilà è musica. Musica e vita.
La Performance House of Us
“House of Us” è un’esperienza catartica, che lo spettatore vive condividendo con gli allievi della Scuola di recitazione e professioni della scena del Teatro del Biondo e con l’attore Geoffrey Carey le “stanze” di una casa simbolica, nella quale prendono corpo i ricordi, le passioni, i sogni di una famiglia di teatranti.
Nel percorso intimo e suggestivo, immaginato dalla regista nelle stanze del settecentesco Palazzo Sant’Elia, a due passi da Ballarò, si snodano ambienti, racconti, atmosfere rarefatte e fortemente suggestive, che raccontano come tanti tasselli di mosaico, la vita personale e professionale dell’artista: il rapporto con il padre, il grande regista Peter Brook; il dolore, ancora intenso, per la morte della madre, l’attrice Natasha Parry, scomparsa nel 2015; la solitudine e l’isolamento, ma anche la necessità di condivisione con l’altro, la fiducia irremovibile dell’artista verso l’umanità e la nostra sete di contatto, in un momento storico del tutto eccezionale.
Fino al 3 ottobre 2021. Qui info e biglietti.