Booker Prize, ovvero il più importante premio letterario in lingua inglese: Cinque libri vincitori da leggere assolutamente.
Il Booker Prize, è il più importante premio letterario per le opere in lingua inglese. Istituito nel 1968, conferisce annualmente non soltanto un illustre riconoscimento internazionale ma anche un ricco premio in denaro, uno dei più cospicui della categoria. Segnalo cinque libri vincitori da non perdere se amate la lettura.

“I figli della mezzanotte” – Salman Rushdie – Ed. Mondadori – Booker Prize 1981
“Nell’istante in cui l’India pervenne all’indipendenza, io fui scaraventato nel mondo”
Durante la notte della proclamazione dell’Indipendenza dall’Impero britannico, il 15 agosto 1947, in un ospedale di Bombay, un’infermiera decide di dare il proprio contributo alla causa dell’eguaglianza tra il popolo, scambiando due neonati, venuti al mondo nello stesso momento. Chi è nato ricco sarà povero e chi è povero vivrà da ricco. Così Saleem, figlio della moglie di un mendicante, e del loro “benefattore” inglese, ormai in partenza per la madrepatria, viene consegnato ad una famiglia mussulmana di alto ceto. Il figlio della coppia benestante, viene invece relegato ad una vita da mendicante, cresciuto da un padre cantastorie che gli da nome Shiva (Il distruttore).
Insieme ai due neonati scambiati, e per sempre rivali, allo scoccare della mezzanotte, sono nati altri 999 bambini: sono “i figli della mezzanotte” e ognuno di loro possiede un talento speciale, alcuni addirittura miracoloso.
Narrando l’avventurosa vita di un uomo, dall’incontro dei suoi nonni fino all’avvicinarsi della sua dipartita, usando l’espediente letterario del memoir, Rushdie, scrittore divenuto famoso per il libro “maledetto” “Versetti satanici”, racconta, nel suo modo grottesco, surreale, spesso contorto e intriso di realismo magico, senza mai scadere nell’”etnico”, la storia dell’India dal momento in cui riacquistò la sua indipendenza fino agli anni ‘80. Un paese frammentato e reso instabile dalle incolmabili distanze che dividono una casta dall’altra, il ricco dal povero, l’indù dal mussulmano, in cui l’aspirazione a un futuro di libertà e autonomia fu disillusa da nuove guerre, dittature, persecuzioni. Saleem combatterà la guerra contro il Pakistan, vedrà nascere il Bangladesh e subirà le conseguenze della dittatura di Indira Gandhi.
Una nazione ambiziosa ma imperfetta, alla ricerca di un ruolo di primo piano sullo scacchiere mondiale, ma destinata a rimanere ai margini del mondo sviluppato, impantanata nelle sue millenarie tradizioni fatte di riti, simbolismi e rivalità religiose.
“Possessione” – A. S. Byatt – Ed. Einaudi – Booker Prize 1990
Roland Mitchell, un’accademico inglese impegnato in una ricerca rinviene, fortunosamente, un carteggio tra due intellettuali di epoca vittoriana. Uno è l’eminente poeta Randolph Henry Ash, l’altra è la scrittrice Christabel La Motte, di cui è grande esperta la sua collega Maude Bailey, alla quale Roland chiede aiuto per approfondire la scoperta. I due giovani studiosi si improvvisano veri e propri detective finendo per trovarsi coinvolti in una caccia al tesoro, portata avanti tra archivi, biblioteche e collezioni private. Alla fine, “Galeotto fu il libro e chi lo scrisse”, anche tra Roland e Maude s’instaurerà un rapporto di romantica “possessione”. La vicenda dei due poeti vittoriani, frutto della fantasia dell’autrice, è narrata sia attraverso il loro diretto punto di vista, ma anche e soprattutto attraverso lettere, prima di amicizia, poi d’amore, da diari esterni e dalle loro opere letterarie, anche queste interamente immaginate.
È un romanzo complesso, metaletterario ed erudito che si svolge su più piani temporali, con alternanza di stili e disseminato di citazioni colte, che, in modo diretto e senza ipocrisia, tratta di letteratura, di sentimenti, di sessualità e di indipendenza non risparmiando critiche e un po’ di dileggio, tanto alla società vittoriana quanto a quella contemporanea.
“Possessione” è una lettura che di sicuro richiede tempo e concentrazione ma che, a poco a poco, se ci si lascia andare, cattura ed entusiasma.
“Amsterdam” – Ian McEwan – Ed. Einaudi – Booker Prize 1998
Cosa hanno in comune Clive Linley, compositore in cerca di consacrazione, Vernon Halliday direttore di un giornale che combatte per restare sulla cresta dell’onda, George, il suo editore e Julian Garmony il ministro degli Esteri?
In apparenza solo Molly, moglie di George ed ex amante degli altri tre, una donna passionale e piena di vita che una tragica malattia ha ridotto a vegetale prima di spegnerla per sempre. Ma quello che veramente li accomuna, in un racconto duro e feroce che procede con la suspance di un thriller, sono la meschinità, l’egoismo e l’ambizione. La capacità di scendere a compromessi fino a rinnegare ogni morale. La naturalezza con cui si mostrano intransigenti con gli altri e indulgenti con se stessi. Per raggiungere il successo o la salvezza personale non esiteranno a nascondere, tramare, calunniare e omettere, fino ad un epilogo quasi inverosimile, che ha del grottesco, proprio come a volte lo è la natura umana.
“Vergogna” – J.M. Coetzee – Ed. Einaudi – Booker Prize 1999
J.M. Coetzee, premio Nobel per la letteratura nel 2003, scrive questo romanzo nel 1999, pochi anni dopo la fine (almeno sulla carta) del regime dell’apartheid, in un SudAfrica, ancora dilaniato da atroci conflitti etnici e culturali. Lo intitola “Disgrace”, Vergogna nella traduzione italiana. Ma Disgrace vuol dire anche disgrazia e vuol dire disonore. È il disonore che stronca la carriera universitaria del professore David Laurie, accusato di molestie in seguito ad una relazione avuta con una sua studentessa. Una disgrazia è l’attacco che subisce sua figlia, che vive da sola in una piccola azienda agricola, aggredita e stuprata senza che lui riesca a proteggerla. È vergogna quella che prova Lucy, non solo per la violenza subita e per la conseguenza che porta in grembo, ma soprattutto per l’odio per cui si è consumata. “Pensano che io sia in debito. E si considerano dei semplici esattori.” Tutto questo dolore è, come lo intende lei, il prezzo da pagare per i torti subiti?
Duro e spietato, Coetzee. È un libro che non si dimentica:
“Un’adeguata punizione: che cosa significa?”
”Di fronte a questo tribunale terreno mi sono riconosciuto colpevole. Tanto vi basti”.
”Il pentimento appartiene ad un altro mondo, ad un altro universo concettuale.”
“Wolf Hall” – Hilary Mantel – Ed. Fazi – Booker Prize 2009
Thomas Cromwell fece una brutta fine e il suo ritratto, come tutti quelli dei perdenti della storia, è fatto più di ombre che di luci. Un parvenu, opportunista, freddo calcolatore avido di potere e principale responsabile dello scisma della Chiesa d’Inghilterra. Quasi tutto vero: figlio di un fabbro (come una nostrana conoscenza, altrettanto discussa e vilipesa) diventò Consigliere di Enrico VIII, legittimò l’incoronazione di Anna Bolena ma, soprattutto, risanò le depauperate casse dello stato, vincendo la sfida contro il Papa e la chiesa cattolica con un “Atto di Supremazia”.
Fu però un ottimo marito e inconsolabile vedovo, un padre presente e affettuoso, la sua casa era sempre punto di riferimento di amici e parenti. Fu un discepolo fedele per il Cardinale Wosley, gli rimase accanto e lo protesse fino alla fine, nonostante la rovinosa débâcle politica.
Hilary Mantel, in un romanzo, più affine ad un saggio, per lo stile e per il ritmo, dipinge un Cromwell più umano, fatto un po’ più di luci che di ombre.
CONSIGLI DI LETTURA
Questa rubrica è curata da “Vivechilegge”, ovvero Paola Ardizzone. Potete trovare altri consigli di lettura nella sua pagina Instagram, o nella nostra rubrica.