Palermo a piedi: una passeggiata per socrore le meraviglie del centro storico di Palermo, raccontato da una appassionata d’eccezione. Il percorso.
Per continuare il nostro tragitto a piedi per Palermo che abbiamo interrotto qui, adesso avviamoci a destra verso piazza Indipendenza – già “piano di S. Teresa”, per via dell’esistenza della chiesa della Madonna dei Rimedi e del convento dei Padri Carmelitani Scalzi, odierno Distretto Militare.
Santa Teresa venne canonizzata nel 1622, proprio durante il periodo della costruzione del complesso religioso e pertanto il popolo, in suo onore, le intitolò sia la chiesa che la piazza. Quest’ultima prese l’attuale nome dopo l’Unità d’Italia.
Siamo in una zona antichissima, appena oltre le mura della culla di Palermo: la Paleopoli (città vecchia), il luogo in cui venne fondata dai commercianti fenici che le attribuirono il nome di “Ziz”, con il significato di “fiore”. Sicuramente un luogo carico di storia e di grande fascino. Come era usanza, al di fuori della cinta muraria i Fenici realizzarono la loro necropoli, che si può visitare insieme al vicino ed antico palazzo della Cuba.
La chiesa della Madonna dei Rimedi
La chiesa della Madonna dei Rimedi prende il nome da un leggendario episodio accaduto durante uno dei primi assedi dei Normanni mentre tentavano di liberare la città dal giogo saraceno, riuscendo definitivamente nella loro impresa nel 1071. Si racconta che mentre le truppe inviate dal conte Ruggero d’Altavilla, capeggiate da Goffredo Malaterra, erano accampate qui sul piano di S. Teresa, furono assaltate dai morsi di tarantole velenose.
I soldati erano già allo stremo delle loro forze e, rivolgendo le loro preghiere a Maria Vergine, riuscirono a curare le ferite inflitte dai letali morsi con il calore di fornaci accese. Come ringraziamento, nel punto che vide le loro sofferenze, essi edificarono una chiesa che ancora oggi ricorda il divino intervento: la chiesa della Madonna dei Rimedi.
Al centro della piazza, il 4 aprile 1866, venne posto un obelisco in onore dei martiri dell’Indipendenza italiana su cui fu incisa la seguente dedica: ” Ai generosi – la prigione fu reggia – il patibolo un trono – Non abbia Italia – altri martiri – se non caduti – nelle patrie battaglie – Ai troni infranti – alle spezzate catene – il nome sopravvive – dei martiri”.
La fontana del Gagini
Ma il piano di Santa Teresa ci ricorda pure una vicenda di passione e di morte, raccontata con dovizia di particolari dal seicentesco storico gentiluomo Vincenzo Di Giovanni circa venti anni dopo gli infausti accadimenti, che cercherò di riassumere brevemente. Nel 1820, proveniente dal Foro Italico – allora denominato “Strada Colonna alla Marina”, nel piano fu collocata una fontana marmorea cinquecentesca, opera di Vincenzo Gagini, sormontata dalla statua di una sirena dai cui seni zampillava l’acqua.
La fontana era stata voluta dall’ormai attempato viceré Marcantonio Colonna e pare riportasse le fattezze della sua giovane e bella amante: la baronessa Eufrosina Siracusa Valdaura del Miserendino. Al tempo la loro relazione suscitò molto scalpore, poiché entrambi erano già sposati. Ma il viceré era troppo preso dall’ardore nei confronti della sua amata e spesso organizzava i loro appuntamenti, anche in modo poco accorto, addirittura a Palazzo Reale.
Durante una delle loro notti d’amore nell’alcova degli appartamenti sopra Porta Nuova, adiacente al palazzo (alcova creata appositamente dal Colonna per i loro incontri intimi) vennero sorpresi dalla consorte del viceré, donna Felice Orsini. La bella Eufrosina ebbe appena il tempo di rifugiarsi nel balcone, lasciando però imprudentemente le sue pantofole davanti al letto.
Con una padronanza emotiva invidiabile donna Felice la raggiunse fuori e, restituendole le pianelle, le disse di aver pazienza in quanto per quella notte desiderava avere il marito tutto per sé. Dopodiché la fece riaccompagnare a casa. Divenuta ormai la relazione di pubblico dominio, intervenne il suocero di Eufrosina: il barone del Miserendino Antonio Corbera che però fu fatto imprigionare ingiustamente dal viceré nelle carceri del Castello a mare in cui morì misteriosamente. Seguirono altri inspiegabili decessi: ben presto Eufrosina acquisì lo stato di vedova, dopo che Marcantonio Colonna ordì una trama contro suo marito, Don Calcerano Corbera, inviandolo con un tranello a Malta dove fu ucciso a pugnalate da un sicario, in seguito assassinato anch’egli misteriosamente.
L’epilogo degli amanti
La storia termina con un boomerang micidiale ritorcendosi sui due amanti. Il viceré, chiamato dal re Filippo alla corte di Madrid per fornire delucidazioni sui tragici eventi, morì incomprensibilmente durante il viaggio. E la bella Eufrosina? Ritrovandosi sola, chiese la protezione di donna Felice Orsini che pensò bene di farla sposare con il cavaliere Lelio Massimo spedendola a Roma nel palazzo di quest’ultimo. Ma le notizie delle scandalose e le drammatiche circostanze che aleggiavano sulla figura di Eufrosina avevano superato i confini della Sicilia ed i due figliastri della baronessa, non riuscendo a reggere a tanto disonore, le tolsero la vita.
Purtroppo la catena di violenza non era ancora terminata: gli assassini della baronessa furono giustiziati e, poco tempo dopo, il loro padre Lelio Massimo morì per la disperazione.
Della fontana nel piano di Santa Teresa che ritraeva la bella Eufrosina, distrutta durante i moti del 1848, rimangono due rappresentazioni ante demolizione: una litografia della prima metà dell’Ottocento ed un quadro del 1832 di Antoine Edmound Jonville. Alla prossima passeggiata.
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L’AUTRICE DELLA “PASSEGGIATA”
Il mondo di Giuseppina Lombardo, guida-autrice di questo articolo, è ricco e variegato, la sua passione per la storia e la città di Palermo ci conduce nei meandri più affascinanti della città. In attesa di scoprire i nuovi itinerari, potete sfogliare il suo libro, singolare per il fascino con cui racconta i luoghi meno battuti e le particolarità storiche da scoprire in città.